PINTERESSANTE?
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E’ così interessante Pinterest?
Nathan Jurgenson, teorico dei social media, per parlare di questa “next big thing” del web, prende le mosse dall’artista Claude Lorrain e dal suo stile -chiamato poi – “pittoresco”.
“I suoi quadri (…)”-scrive sul Corriere- “diedero luogo a un tipo di turismo che spingeva i ricchi europei a recarsi in campagna in cerca di paesaggi che ricordassero i quadri «pittoreschi». Per riprodurne appieno l’effetto, turisti e pittori portavano con sé uno strumento chiamato «specchio nero» o «specchio Claude» (dal nome di Lorrain). (…) Voltando le spalle al panorama e guardando lo specchio Claude, l’osservatore vi vedeva riflesso un paesaggio assai simile a quello riprodotto nei quadri: ancor più bello del reale.”
Ecco il punto, dice Jurgenson: “Perché siamo arrivati a vivere il web in modo simile al turista del XVII secolo patito del pittoresco, che girava con lo specchio Claude?”. Destino comune di tutti i social network è quello di descrivere il mondo -soprattutto il proprio mondo- migliore, più affascinante di quello che può essere in realtà. Basta farne vedere una porzione, ben rappresentata, ben fotografata, ben raccontata per rendere il gioco credibile. I social network d’altronde hanno amplificato quello che è all’origine del potere fascinoso del web: nascondersi dietro una maschera – un avatar come si dice con il termine della religione indiana che indica l’apparizione o la discesa sulla terra della divinità con lo scopo di ristabilire o tutelare il Dharma – e apparire diversi da come si è nella vita quotidiana. Nascondendosi chiunque può diventare un cavaliere jedi o un gran seduttore, è sufficiente essere bravi con la parola scritta o nello scegliere le immagini da postare. Questo fenomeno è stato un po’ scardinato da Facebook dove ci si presenta-di solito ma non sempre-con la propria identità. Lo schermo comunque sussiste e protegge e anche rivelandosi la sostanza non cambia. Ci si continua insomma a nascondere dietro una rappresentazione “pittoresca” di sé.
Dopo il successo di Facebook molti si sono lanciati nella creazione di nuovi network. L’ultimo è appunto Pinterest, nato dalla creatività di Ben Silbermann, Paul Sciarra ed Evan Sharpi, a Palo Alto nella prevedibile area californiana.
Pin sta per appuntare con uno spillo, infatti il simbolo che compare sulla pagina quando si vuole aggiungere un’immagine (ma anche un video) è proprio la classica puntina da disegno con la testa in plastica, sagomata con una certa altezza, che permette una comoda presa, a differenza delle puntine tradizionali-quelle di ferro- che per essere tolte devono essere scalzate con l’uso di un tagliacarte, di un coltellino o con le unghie.
Quindi appuntare qualcosa di interessante è la mission dichiarata: Il nostro obiettivo è quello di collegare tutti nel mondo attraverso le ‘cose’ che trovano interessanti, -si legge sulla homepage di Pinterest- noi pensiamo che un libro preferito, un giocattolo, o una ricetta possano rivelare un legame comune tra due persone, Pinterest connette persone in tutto il mondo sulla base di gusti e interessi condivisi.
Ecco la novità. Negli altri social la condivisione è di tipo solo personale, qui no, cerchi qualcosa nella varie categorie (arte, interni, bellezza, viaggi, design, storia, libri, film) e lo trovi facilmente, invece è arduo fare una ricerca su Facebook capace di rimandare a un contenuto di interesse specifico, su Twitter occorre centrare l’hashtag giusto, su Pinterest invece tutto è catalogato. Si creano nicchie di interessi su qualsiasi argomento e oggetto e addirittura c’è una sezione “gift” con prodotti in vendita segnalati dagli utenti e divisi per prezzo.
Pinterest è il trionfo degli oggetti, del materialismo, è persino l’incubo della merce. E’ la “raccolta di figurine” per eccellenza, con tutte le sue bacheche divise per categorie. Ha avuto un successo travolgente negli Stati Uniti -principalmente tra il pubblico femminile – e per l’effetto di imitazione delle mode agli italiani sembra piacere molto.
Con Pinterest inoltre si sono creati neologismi curiosi: pinzare, pinnare non meno terribili di twittare o hashtaggare.
Sospendo il giudizio sulla sua “utilità”, è solo un altro modo per mostrarsi-appunto-interessanti.