Ad alterum

Edoardo Albinati è grande e Alberto Moravia è il suo profeta.  Sento echeggiarmi dentro  queste parole dopo aver letto il romanzobreve/raccontolungo di Albinati, intitolato con un termine che non si usa quasi più se non in tribunale. Lo stesso scrittore ha sottolineato il carattere giuridico di un titolo che sembra appartenere a tempi lontanissimi. Il reato di adulterio comunque non esiste più dalla fine degli anni ’60, ma il dovere di fedeltà continua ad avere rilevanza sul piano giuridico, oltre che sociale, ed è inteso dalla giurisprudenza nel senso di ’lealtà’, ossia come impegno reciproco dei coniugi di non tradire la fiducia dell’altro. Quindi la sua violazione non ha più conseguenze penali, ma può avere rilevanti conseguenze in campo civilistico. Ad esempio, l’infedeltà può essere causa di addebito della separazione a carico del coniuge colpevole della violazione, quando si tratti di adulterio frequente o ingiurioso e da esso sia derivata la rottura del rapporto coniugale. Piccola digressione che serve a capire anche la natura di questo libro. 

Albinati  certamente con Moravia non può che avere – e avere avuto – affinità, se non altro per aver frequentato le stesse sale di cinema e passeggiato sul lungotevere e respirato la stessa aria. Albinati però non è propriamente moraviano, ma con questo libro si accosta ai suoi temi più ricorrenti, il turbamento della passione, l’amore irrisolto, il desiderio, il sesso che purifica nel peccato compiuto. 

Mi ha ricordato  La donna leopardo.

(continua)

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